domenica 17 gennaio 2010

venerdì 15 gennaio 2010

IL PROGETTO "ROMA MEDITERRANEA"






ATTRIBUZIONI DEL CENTRO DI INTERESSE
“CULTURA - MUSICA”
In attuazione di quanto stabilito dallo Statuto dell’Associazione “Roma Mediterranea”, l’Assemblea dei Soci nella riunione tenuta il 21 dicembre 2005 ha disposto l’avviamento di un progetto di ricerca riguardante “I suoni e le danze del Mediterraneo” con lo scopo di creare un “museo virtuale” dei suoni mediterranei, di vagliare la possibilità di collaborazione con musicisti per l’organizzazione di un concerto e la pubblicazione di CD edito dall’Associazione.
L’intero progetto è affidato ad un Centro di interesse costituito dalla Socia FRANCESCA FAIELLA, con incarico di coordinatrice. 


IL MEDITERRANEO E LA MUSICA
Sulle acque del Mediterraneo, si affacciano paesi dalle tradizioni millenarie con storie e costumi diversi, accomunati però dall’energia e dalla vitalità della musica. I musicisti che appartengono a quest’area, hanno saputo scavare nel repertorio popolare riportando alla luce i classici delle loro terre ma allo stesso tempo hanno saputo rinnovarsi inserendo, accanto alla tradizione, sonorità diverse e nuove.

MAROCCO

Nella regione del Maghreb (che significa Ovest ad indicare il versante occidentale del mondo arabo), c’è un forte legame tra musica e religione. La musica marocchina fonde influssi arabi ed andalusi (dalla regione meridionale della Spagna chiamata Andalusia) ma ha saputo evolversi introducendo elementi appartenenti alle popolazioni indigene, che arabe non sono, come i Berberi.
Essi sono stati in effetti i primi abitanti del Marocco e furono proprio le invasioni islamiche, intorno al sec. VIII, a cacciarli dalle città e ad obbligarli a vivere sulle montagne. La loro musica è diversa da quella araba. Quando accompagna le feste nei villaggi (dalle ricorrenze quotidiane ai matrimoni), è suonata con percussioni e flauti e si abbina a canti e battiti di mano ritmici. Se è suonata da professionisti che viaggiano per il paese (gli Imdyazn), attinge a notizie di cronaca ed è presentata da un poeta (Amydaz).
Master musicians of Jajouka: è un gruppo di musicisti dalla storia centenaria il cui repertorio appartiene all’era pre-islamica e suonano diverse percussioni e la ghaita (un oboe popolare in tutto il mondo arabo). Essi arrivano dal villaggio di Jajouka, ai piedi delle montagne Rif, a sud ovest di Tangeri. Nel 1968, i Master erano guidati da Hadj Abdesalam Attar, il quale permise a musicisti occidentali di ascoltare il repertorio del gruppo. Tra questi figurava Brian Jones, chitarrista dei Rolling Stones e lo scrittore Brion Gysin. Brian Jones registrò la musica del gruppo durante un rituale che durò tutta la notte. Da quell’incontro uscirà un album da lui prodotto dal titolo: “Brian Jones presents the pipes of pan at jajouka” che verrà pubblicato due anni dopo la sua morte avvenuta nel 1969. Questo è probabilmente uno dei primi progetti di fusione tra “world music” e psidechelia, genere molto in voga negli anni 60. Uno dei successivi leader dei Master Musicians, Bachir Attar, ha inciso delle composizioni come solista destreggiandosi tra flauto, bimbri e ghaita (strumenti tipici), collaborando con musicisti occidentali come il compositore Bill Laswell, il jazzista Maceo Parker e il percussionista senegalese Aiyb Dieng.
Gnawa music: i Gnawa del Marocco, sono i discendenti degli schiavi neri deportati dai paesi dell’Africa occidentale subsahariana (Mauritania, Senegal, Mali, Niger, Guinea). In Marocco, le loro pratiche hanno subito l’influsso del Tasawwuf (Sufismo), portando alla costituzione di confraternite diverse. La loro musica è spesso utilizzata in rituali terapeutici, tra percussioni e parti vocali. Questi riti, hanno conservato delle caratteristiche che ricordano i culti di possessione africani e quelli di alcuni Paesi del Mediterraneo come il Salento con il tarantismo. Sono molti in Marocco gli ensemble di musica Gnawa. Il progetto “Night Spirit Masters” dei musicisti Gnawa di Marrakesh, è impreziosito dalla presenza del mago del drum’n’bass Bill Laswell, che propone un lavoro di contaminazione tra suoni antichi e strumenti moderni. Le note esplicative del booklet sono dello scrittore inglese Paul Bowles. Un altro musicista, Mohamed El- Badawi, è un percussionista che influenza la musica Gnawa con sonorità tipiche del jazz. Il gruppo Gnawa Diffusion è stato fondato da Amazingh Kateb nel 1992, figlio del poeta algerino Yacine Kateb. Cantano, in lingua araba e francese, testi legati al sociale ed alla denuncia politica. Ritmiche reggae e ragamuffin, canzone francese e Chaabi si mischiano agli strumenti tipici della musica Gnawa come il guembri, il liuto berbero e le kerkabs, nacchere metalliche.I Gnawa Diffusion arrivano da Grenoble in Francia e hanno nel nome Gnawa la “A” cerchiata come fanno gli anarchici. Ancora sulla Gnawa music è improntato il progetto di Hassan Hakmoun & Zahar, dove la musica da cerimonia trance si mischia al misticismo islamico ed ai ritmi dell’Africa occidentale con le sonorità rock e funky. Il musicista marocchino ha inciso anche per la Real World di Peter Gabriel. La più alta concentrazione di Gnawa è a Marrakesh e da qui arriva il gruppo Nas Marrakesh formatosi nel 1991, che fonde la musica di origine gnawa con suoni popolari ed il jazz. Altro gruppo di musica gnawa è Les Maitres de Guembri ( il guembri è il classico liuto berbero la cui pratica è appannaggio di una stretta elite). La musica Gnawa ha un enorme seguito in Marocco e ha nel festival di Essaouira, il suo culmine annuale con il raduno di 200mila giovani da ogni parte del mondo. Abdeslam Alikane è il musicista direttore artistico del festival di Essaouira, culla della cultura gnawa. Lo stesso musicista guida il Tyour Gnaoua che utilizza sonorità con l’intento di raggiungere stati di trance durante le celebrazioni. L’ensemble Gnawa Sidi Mimoun di Casablanca, mette in scena la festa che precede la fase rituale della Lila (il rituale estatico notturno), dove canti e danze sono guidate dal suono del ganbri (un liuto-tamburo a tre corde) e del qraqeb (nacchere metalliche). .........
(BRANO TRATTO DA "IL MEDITERRANEO E LA MUSICA"  DI  FRANCESCA FAIELLA)

ITALIA DEL SUD
CAMPANIA
Le origini della canzone napoletana: il primo motivo popolare in dialetto napoletano di cui si ha testimonianza risale al 200 e porta il titolo di “Jesce Sole”. La canzone napoletana vera e propria comincia a prendere forma però nel XVI sec. riscuotendo un notevole successo; infatti in molti salotti europei si eseguiva la “villanella alla napoletana”. Nel 700, la canzone napoletana attinse alla musica colta e nel 800 alcuni studiosi salvarono numerosi canti popolari tra cui “Te voglio bene assaje” del 1835, la cui musica venne attribuita a Donizetti. Questa è considerata la prima vera e propria canzone napoletana, mentre la più famosa della storia è “O sole mio”.

Nuova Compagnia di canto popolare (NCCP) e Musicanova: protagonisti del recupero della canzone napoletana, questi due gruppi si rivolgono al passato, alle melodie tradizionali e agli strumenti acustici. Il recupero del passato prevede la riproposizione delle villanelle, le melodie popolari del 500, delle moresche, musiche di derivazione nordafricana e delle tammorriate. Verso la metà degli anni Sessanta, grazie al compositore e studioso di tradizioni musicali Roberto De Simone, il repertorio popolare si intreccia con la musica colta. Ne è un esempio l’opera teatrale “La Gatta Cenerentola” scritta da De Simone e portata in scena dalla NCCP. La formazione Musicanova viene fondata da Eugenio Bennato dopo aver lasciato la NCCP, con artisti del calibro di Carlo D’Angiò e Teresa De Sio, una band che con più di venti anni di anticipo si è occupata di world music.
Le tammorriate: danza tipica della Campania, la tammorriata viene ancora oggi eseguita durante le cerimonie religiose. Essa prende il nome dalla tamorra, un antico strumento a percussione probabilmente di origine fenicia ma conosciuto anche da Greci e Romani. Spesso viene usato assieme alle “castagnette”, una sorta di nacchere. A Napoli, negli ultimi anni, molti percussionisti hanno portato avanti l’arte della tamorra. Tra questi c’è da segnalare Alfio Antico, Giovanni Imparato, Arnaldo Vacca usciti dalla scuola di Eugenio Bennato e Renzo Arbore. Due magistrali interpreti di canzoni e tammurriate sono Peppe Barra e Marcello Colasurdo. Peppe Barra con la sua compagnia, esegue una musica contaminata tra il passato della tradizione ed il futuro dei nuovi generi musicali legati al rock e alla sperimentazione. E’ stato legato a Roberto De Simone e alla Nuova Compagnia di canto popolare, recitando anche nella “Gatta Cenerentola”. Ogni brano è eseguito in dialetto napoletano a sottolineare l’attaccamento alla propria terra. Marcello Colasurdo da oltre 20 anni presente nella scena musicale partenopea, è stato leader degli E’ Zezi e ha collaborato con la Nuova Compagnia di canto popolare e Spaccanapoli. Il suo repertorio si basa su tutto ciò che è legato alla cultura napoletana, in particolare le tammorriate ma anche i canti misterici e religiosi. Egli ha condotto una ricerca elaborata nel mondo dei riti, delle feste e dei canti popolari. Anche il gruppo La Moresca, nato nel 1990, intraprende un viaggio musicale attraverso le tammurriate ed i canti religiosi, eseguendo brani di festa e canzoni d’amore ma anche temi di denuncia sociale. La fusione di stili del loro repertorio, permette di viaggiare attraverso il Mediterraneo partendo dall’Italia del sud e da quella insulare. Esperto di moresche, tammorriate e tarantelle miste a sonorità acustiche e suoni classici, è Antonello Paliotti, chitarrista e compositore che si esibisce in trio con Mauro Squillante al mandolino e Leonardo Massa al violoncello e percussioni. Anch’egli ha fatto parte della compagnia di Roberto De Simone. Di lui dicono: “I suoi lavori svelano l’espressionismo musicale del mosaico mediterraneo, un’opera di cui Napoli è al centro da quasi 3000 anni”. Il gruppo Tammurriata di Scafati propone una “tarantella d’a fatica” che si snoda su un intreccio di due linee ritmiche e due linee melodiche, le seconde delle quali testimoniano l’influenza della musica araba nella musica partenopea.
Spaccanapoli: tutti i componenti la band, che porta il nome di una strada di Napoli, provengono dal gruppo operaio di Pomigliano D’Arco E’Zezi che ha contaminato la tradizione orale dell’entroterra napoletano con le canzoni politiche ed il rumore delle fabbriche. Alla voce e alla tammorra ritroviamo Marcello Colasurdo. L’intento del gruppo Spaccanapoli è una ricerca sulla musica napoletana assorbendo influenze sonore e culturali del Mediterraneo. Hanno anche inciso, nel 2000, per la Real World di Peter Gabriel.
La scena musicale degli anni 70: a Napoli in questi anni si formò una scena musicale straordinaria anche per il rock ed il blues. Gruppi decisamente all’avanguardia come Napoli Centrale e Popularia offrivano una musica densa di sonorità rock, jazz e blues e in alcuni casi, come i Popularia, una fusion mediterranea si fondeva con le radici tradizionali. Nel 1992, il gruppo dei Popularia entra a far parte dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore. Nomi di spicco come James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo, Michele Ascolese e Enzo Avitabile hanno ben rappresentato quella scena musicale. Alcuni di essi hanno fatto parte delle due formazioni. Negli anni 80 questa scena ha trovato in Pino Daniele un punto di riferimento assoluto con la sua fusione di blues, atmosfere mediterranee, canzone d’autore e tecnica jazz.
La scena hip- hop e neo- folk: negli ultimi decenni si diffonde a Napoli la musica rap dei centri sociali con gruppi come 99 Posse, il cui brano “Curre curre guagliò” è stato usato da Gabriele Salvatores nel film “Sud”, il rapper Speaker Cenzou, Capone con la sua miscela di elettronica e new-age, i Vox Populi in bilico tra ragamuffin, hip-hop, folk tradizionale e sceneggiata e gli Almamegretta. Questi ultimi offrono una sorprendente fusione di ritmi reggae, funky e hip- hop mescolati con il dub inglese ed il dialetto napoletano. Artefici del neo- folk sono artisti come i Nidi D’Arac (ensemble di musicisti anche pugliesi), gli Spaccanapoli formatisi dallo storico gruppo operaio degli E’ Zezi di Pomigliano D’Arco e da Daniele Sepe. Quest’ultimo musicista, sassofonista e clarinettista, è un eclettico sperimentatore anch’egli proveniente dagli Zezi. Il suo percorso musicale, (iniziato con dischi autoprodotti) non ha confini, spazia tra brani tradizionali appartenenti a diverse culture o compone brani che mescolano il rap, il reggae, il rock, il jazz. Si avvale della preziosa collaborazione della svedese Auli Kokko, artista poliedrica che interpreta brani in svariate lingue compreso il napoletano. Nel lavoro “Nia Maro” che in esperanto significa Mare Nostrum, Daniele Sepe affronta un viaggio musicale che lo porta nella Francia anarchica di G. Brassens e nell’Egitto di inizio novecento di Selim Al-Masry. Anche i Darmadar offrono brani della cultura napoletana e di quella araba, con sonorità reggae, dub e trance, con melodie e testi ispirati ai canti e alle danze sufi.
Lino Cannavacciuolo: artista di Pozzuoli diplomato al conservatorio, intraprende lo studio del violino. Diventato un virtuoso dello strumento, ha partecipato a numerosi spettacoli teatrali con artisti del calibro di Luca De Filippo, Roberto De Simone e Peppe Barra. Soprattutto con quest’ ultimo realizzerà diverse produzioni discografiche. Egli è un valido sperimentatore di nuovi linguaggi musicali, grazie alla sua competenza in ambito classico e popolare. Ha collaborato con numerosi artisti italiani ed internazionali.
Consiglia Licciardi: attiva già dagli anni settanta, Consiglia Licciardi è diventata una delle ambasciatrici della musica napoletanana nel mondo. Le melodie popolari che esegue con voce melodiosa, si inseriscono in contesti tipicamente di ambient- music. Ha collaborato con molti artisti dell’area mediterranea in un reciproco scambio di ritmi e melodie.
Pietra Montecorvino: sensazionale interprete della canzone napoletana, premio Tenco 1991, Pietra Montecorvino lega la sua voce a composizioni che ripercorrono le sonorità di tutta l’area mediterranea, aspetti arabi, nord africani, greci, (il suo album “Napoli Mediterranea” ne è l’esempio più eclatante). Appartiene al progetto “Taranta power” di Eugenio Bennato. Il suo percorso artistico esamina attentamente gli aspetti particolarmente difficili delle donne di tutto il mondo, come quelle afgane, cui ha dedicato un progetto. In una raccolta di musica etnica europea, compare una bella versione di “O sole mio”, popolare brano che la Montecorvino ha interpretato con caratteristiche tipicamente arabeggianti.
La scena jazz: la fusione dei temi popolari napoletani con il jazz è frutto di sperimentazioni a cui sono legati molti musicisti dell’area partenopea. Marco Zurzolo, con il sax, elabora con uno stile molto personale pezzi tradizionali partenopei, Francesco Bruno offre un misto di jazz e fusion con la chitarra in evidenza alla maniera di Pat Metheny, suonando tra gli altri, con il trombettista americano Don Cherry, Teresa de Sio, Brian Eno e il cantante marocchino Noureddine Fatty. Rosario Jermano spazia anche nella new-age accostando ai classici strumenti anche un tamburo da egli stesso costruito chiamato Ududrum. Il brano “Nadir Dance” di Jermano è la sigla del programma della RAI Lineablu. Giovanni Imparato è un percussionista che ha collaborato con Eugenio Bennato e l’Orchestra Italiana di Arbore. Egli è capace di suonare diverse percussioni, da quelle tradizionali napoletane come la tammorra, a quelle di provenienza araba e africana. Il suono spazia tra jazz, etnica e new age.
Canzoniere della Ritta e della Manca: da Benevento, il suono del Canzoniere, offre una musica tradizionale campana dove le sonorità del Mediterraneo trovano una nuova freschezza con ritmi mediorientali, tammurriate, accenni blues e citazioni jazz, armonie pop. Hanno composto un inno al Dio Mediterraneo per antonomasia: il sole.
Nando Citarella & I Tamburi del Vesuvio: il progetto musicale di Nando Citarella verte alla ripresa della Noubah (opera), una forma antica di poesia in musica di origine arabo- Andalusa. La tradizione mediterranea si sposa con le serenate flamenche, le villanelle napoletane e le polka in napoletano suonate con strumenti popolari e moderni ed altri provenienti da culture diverse. I percussionisti de “I tamburi del Vesuvio”, sono anche africani, arabi e latinoamericani.
Pietrarsa: è un gruppo formato da musicisti che si occupano di recuperare le musiche del sud Italia e del Mediterraneo. La band è guidata da Mimmo Maglionico, flautista di formazione classica che ha poi abbracciato la musica popolare con Eugenio Bennato, Gilberto Gil, Moni Ovadia. Il progetto spazia tra composizioni originali e l’esecuzione di brani provenienti dalla tradizione (tammurriate, tarantelle, pizziche, canti a distesa). Pietrarsa è una località nei pressi di Napoli dove furono impiantate le officine meccaniche a seguito della costruzione della prima ferrovia italiana, la Napoli- Portici.
Sestetto Moderno: il gruppo arriva dall’Irpinia ed affronta un viaggio attraverso le composizioni dell’autore classico rumeno Bela Bartok e del francese Ravel, fino alla realizzazione di brani originali sempre legatio alla tradizione. Celebre è la loro Tarantella di Montemarano.
Mediterraneo: il gruppo fondato nel 1986 da Giulio D’Agnello e Stefano Macrillò, ha partecipato a molti festival di musica etnica tra cui il prestigioso Folkest che si svolge ogni anno in Friuli Venezia Giulia, aprendo, in una di queste apparizioni, il concerto di Joan Baez. Nel progetto “Napulè”, il gruppo ripropone la canzone napoletana con spirito moderno, componendo anche per il cinema ed il teatro.
Suddando: il progetto nasce nel 2001dall’interesse, da parte del gruppo, per la tradizione musicale campana e siciliana, rielaborata con elementi culturali orientali e nordafricani. Le sonorità spaziano tra il jazz, la world music e la tradizione.
Sancto Ianne: gli strumenti tradizionali incontrano il rock: così nasce il gruppo Sancto Ianne, capace di sprigionare energia pura nelle esibizioni live. Hanno vinto nel 2001 un importante riconoscimento nell’ambito del Festival Interceltico di Lorient in Bretagna, un festival prestigioso che ha riconosciuto alla band, il premio per la migliore formazione esordiente non celtica.
(BRANO TRATTO DA "IL MEDITERRANEO E LA MUSICA" DI FRANCESCA FAIELLA)




Dalla musica tzigana a Kusturica
Tutte le contaminazioni delle brass band balcaniche
di FRANCESCA FAIELLA

Ritmi coinvolgenti e creatività. Il tutto all’insegna della contaminazione fra generi e stili musicali. Esplosioni di suoni e divertimento che animano e scandiscono la vita delle comunità. Tutto questo sono le brass band dei Balcani, i gruppi musicali che da sempre tramandano l’arte musicale del popolo rom. Ma qual è la loro storia? Quale il loro sviluppo?

Nel XIV sec. popolazioni nomadi provenienti dalla zona settentrionale dell’India (il Rajasthan), si spostarono verso ovest e si stabilirono in Europa colonizzando in particolar modo alcune precise aree geografiche: l’Andalusia (Spagna del sud), la Camargue (Francia del sud) e soprattutto l’Europa dell’est. E’qui che è cresciuta e si è maggiormente sviluppata la tradizione artistica del popolo rom e la sua indiscussa predominanza in campo musicale.
Nella regione balcanica si sono costituite, durante il diciannovesimo secolo, molte bande musicali su imitazione delle tipiche fanfare dell’esercito ottomano, che sostituirono dal 1928 le bande “Mehterhanes” dei giannizzeri turchi. Dalla Serbia occidentale alla Macedonia, gli tzigani hanno modificato con grande immaginazione il ruolo delle popolari fanfare, sostituendo ai tradizionali oboi un notevole numero di ottoni (sassofoni, clarini, trombe, tromboni), dando vita alle brass band. Per secoli gli artisti rom sono stati gli incontrastati animatori di feste, riti, matrimoni, funerali e ancora oggi esercitano, attraverso differenti stili, un forte impatto sulle musiche dei Balcani. Essi hanno assimilato tutti questi stili durante i loro spostamenti causati dalle ingiustizie e dalle segregazioni imposte a Belgrado, Bucarest, Skopje, creando un nuovo genere che si è arricchito ogni volta di sonorità diverse. Nei villaggi rom sparsi in tutta l’area balcanica la musica è stata tramandata di generazione in generazione e caratterizza tutti i momenti importanti della vita quotidiana, mantenendo vivo quel passato che è all’origine della forte unità della comunità.
Motivo di festa è naturalmente l’incontro di queste brass band in diverse competizioni più o meno importanti, durante le quali esse suonano ininterrottamente per intere ore. A Guca, nel cuore dei Balcani, esiste un festival, capace di attirare ogni anno circa 300.000 persone, considerato la manifestazione più spettacolare dedicata alle fanfare. Un centinaio di orchestre gareggia per vincere la “tromba d’oro”, che garantisce per tutto l’anno successivo concerti, matrimoni e funerali ben pagati. Il sound delle brass band è un’esplosione creativa piena di divertimento, dove si riflettono le diverse influenze e le mille sfaccettature della tradizione gipsy. Essi riescono come nel caso della Fanfara Ciocarlia dalla Romania a suonare ad una velocità vorticosa i caratteristici tempi dispari dei Balcani e ad intrattenere il pubblico nelle feste dei villaggi anche per trenta ore consecutive. Oppure riescono come nel caso della Kocani Orkestar dalla Macedonia a miscelare il vasto repertorio di musiche da matrimonio con i ritmi e le melodie meticcie nate nei Balcani dalla combinazione di Oriente e Occidente. La maggior parte dei ritmi usati nei brani strumentali si basa su motivi di danze tradizionali chiamate “cocek” nel caso di danze femminili e “oro” per le danze collettive in circolo.
Questo genere musicale è stato portato alla ribalta internazionale dal film “Underground” di Emir Kusturica, la cui colonna sonora, scritta e arrangiata da Goran Bregovic, è quasi interamente dedicata al repertorio delle brass band balcaniche. Lo stesso Bregovic rappresenta la sintesi del suono di queste band: egli infatti è bosniaco, di madre serba e padre croato e con una moglie musulmana, la celebre artista turca Sezen Aksu. Tutte queste anime che convivono in lui non potevano che produrre una musica esplosiva e piena di differenti e molteplici sfumature. Il fatto poi che egli abbia fatto parte in passato di una band rock, la Bijelo Dugme dove già improvvisava sull’intero repertorio dell’area balcanica fondendolo con il rock, la dice lunga sulla sua cultura in campo musicale. Grazie a questi artisti, quello che la guerra è riuscito a dividere, la musica ha riunito. Basti pensare ad esempio alla Lopicic Sandy Orkestar, un ensemble di 15 elementi capace di ignorare e superare qualsiasi confine, con tre fantastiche vocaliste, una serba, una bosniaca e una kosovara, ciascuna delle quali apporta il suo tocco personale raggiungendo un’armonia impensabile. Dusko Goykovich, Naat Veliov, Boban Markovic, guidano le orchestre ed arricchiscono le melodie introducendo elementi di modernità, creando curiosi legami tra ritmi turchi e flamenco spagnolo, tra polifonia sarda e musica trance sufi arrivando ad eseguire nei loro concerti delle cover “tzigane” di brani di Bob Dylan e Cheb Khaled. La Fanfara Tirana rappresenta una novità assoluta nella compagine delle brass band, per una linea melodica molto accentuata dove i temi tradizionali delle feste nuziali si sovrappongono alle atmosfere balcaniche ed orientali. In alcuni casi si aggiunge il coro polifonico di Tirana, custode dello straordinario repertorio polivocale della zona a sud del fiume Vjosa. Esistono anche le brass band klezmer, orchestre di ottoni che propongono il vasto repertorio della musica yiddish. La Klezmer brass Allstar di Frank London comprende musicisti provenienti dalle più importanti klezmer bands del mondo e rende omaggio alla Shikere Kapelye, la leggendaria brass band ebraica del diciannovesimo secolo, che ha profondamente influenzato lo sviluppo della musica klezmer. E’ importante sottolineare che la musica klezmer è già di per sè una sintesi di varie influenze e contaminazioni musicali, dovute al fatto che la diaspora ashkenazita, attraversando tutta quella parte geografica che va dall’Anatolia ai Balcani, ne ha tratto gli elementi caratteristici.
Non ci resta che ascoltare il coinvolgente suono delle brass bands, il ritmo frenetico ed incessante degli ottoni, l’intensità e la creatività esecutiva dei musicisti che continuano a tramandare il loro estro alle future generazioni, le quali già improvvisano con trombe e clarinetti, come nel caso di Marko Markovic, figlio di Boban, vero prodigio della tromba già a 17 anni e futuro protagonista del nuovo film di Kusturica.







MANIFESTAZIONE "ROMA ED IL MEDITERRANEO" PONTILE DI OSTIA MAGGIO 2006
CONCERTO DEL GRUPPO "STRADABANDA"

giovedì 14 gennaio 2010

PREMIO MASSIMO DI SOMMA 5 SETTEMBRE 2009










PREMIO MASSIMO DI SOMMA 5 SETTEMBRE 2009
PRESENTATO DA DONATELLA ZAPELLONI E PAOLO PERELLI, DUE STRAORDINARI ARTISTI. IN GIURIA, TRA GLI ALTRI, GIANNI MARITATI DEL TG1, LA DOTT. PAOLA PAU E LA DOTT.ORNELLA BERGAMINI, PRESIDENTE DI GIURIA.
IL TESTO E' IN FASE DI PUBBLICAZIONE.                                              

SETTEMBRE 2003 "NOTTE BIANCA" "POESIA AL BUIO"


 PRESENTAI A "LA NOTTE BIANCA" NEL 2003 QUESTO TESTO CHE SCRISSI IN MEMORIA DEI 27 BAMBINI MORTI A SAN GIULIANO DI PUGLIA IN OCCASIONE DEL TERREMOTO DELL'OTTOBRE DEL 2002.